Perchè una mostra sulla poesia visiva
Una mostra non contemporanea a cura di Casa d’Arte Spagna Bellora
La Poesia Visiva rappresenta uno dei movimenti degli anni Sessanta e Settanta più autoctoni e spontanei che abbiamo avuto in Italia, eppure non è così noto né ha avuto il successo di mercato che meriterebbe. Immaginare il perché di questa sua mancata affermazione non è difficile: i poeti visivi non hanno mai amato limiti e confini, hanno immaginato un’arte totale, sinestetica, figlia legittima del Futurismo ma pronta a mettere in dubbio i padri spostando l’ottica di azione in un contesto diverso.
In un dialogo con Lamberto Pignotti, Giulio Carlo Argan vide nella Poesia Visiva uno strumento capace di sollevare riflessioni sulla possibile fine della parola scritta nel senso classico, causata dalla diffusione del telefono. Il testo in questione risale al 1988 e le parole di Argan oggi, in un mondo che comunica con sms e messaggini in twitter, suonano più che profetiche.
Ancora oggi attuale, la Poesia Visiva nasce all’inizio degli anni Sessanta e si pone come Neoavanguardia, in un contesto già molto fertile, nella scena artistica e filosofico-letteraria europea (con un radicamento particolare in quella italiana). Come sottolinea Isgrò, che del nuovo linguaggio fu uno dei grandi padri, “Certamente il contributo della Poesia Visiva è stato decisivo anche per la nascita della stessa Arte concettuale, perché non si erano si viste tante parole nelle opere degli artisti come dopo la Poesia Visiva. Su questo non c’è dubbio. Magari non tutti i poeti visivi hanno contribuito nella stessa misura e allo stesso modo, ma questo contributo c’è stato ed è stato fondamentale anche per l’arte non italiana. La parola è diventata elemento di distinzione dall’omologazione del visivo dilagante dopo la Pop Art”.
Fortemente concettuale, la Poesia Visiva si muove su un piano che appartiene alla speculazione filosofica ancor più che a quella storico-artistica. Lamberto Pignotti, fondatore del Gruppo 70 che diede avvio all’esperienza del movimento, sostenne che, a suo avviso, “L’opera non deve dare una soluzione a un problema, ma ne deve proporre un altro, deve essere una continua interrogazione sull’operatività e forse è questa la ragione per cui la Poesia Visiva attrae e appassiona ancora oggi. È un’arte a cui vanno stretti i generi, che scavalca i confini, è, insomma, multi mediale, interdisciplinare… quando noi usavamo queste parole in quegli anni li, la gente ci prendeva un po’ in giro (…), oggi invece queste due parole sono diventate così di uso comune che io non le adopero quasi più. Ancora oggi l’idea della Poesia Visiva interessa non tanto per quello che può aver fatto negli anni Sessanta e Settanta, o per chiedersi se si è classicizzata o se ha avuto fortuna critica o di mercato; funziona ancora come idea, perché suggerisce un avventuroso work in progress“.
(…) La collaborazione di Anna Spagna, artista e moglie di Gianfranco Bellora – gallerista che promosse con convinzione il mondo dell’espressione verbo-visuale, diventando anche grande collezionista – ci ha concesso di reperire opere molto significative per il tema, rendendo possibile una mostra originale e ben rara nel panorama attuale delle esposizioni d’arte.
Simona Bartolena
L’iniziativa fa parte delle mostre Cortocircuito proposta da Andrea Zardin.